giovedì 3 marzo 2011

Una scuola fuori dai tempi

Pubblichiamo una lettera che ci ha inviato un insegnante gardesano di scuola primaria:

Egregio signor B. lei ha proprio ragione: questa scuola pubblica non educa ai valori correnti della società! Ancora non capisce che il modello educativo deve adeguarsi, pena l’emarginazione, ad inculcare nei ragazzi l’individualismo, lo spirito competitivo, il consumismo, l’obbedienza e la fiducia silenziosa ai dettami del capo di turno, l’arrivismo, il consenso plaudente … e , se si è carenti in queste doti, occorre farsi furbi e accalappiare qualcuno/a che abbia fatto fortuna. In altre parole: occorre allevare clienti per il mercato. Troppi insegnanti-educatori si ostinano a barricarsi pigramente dietro concetti ormai desueti e sbertucciati dagli sgamati, riempiendo i piani dell’offerta formativa ( spesso addirittura praticandoli nell’azione quotidiana!) di retaggi del passato quali spirito critico, solidarietà, integrazione, collaborazione, rispetto delle regole, decondizionamento, autonomia, laboratori, recupero degli svantaggi, impegno, cittadinanza... In altre parole: allevare (disfattiste) teste pensanti. Capisco il suo disappunto (suo e della sua rappresentante al Ministero relativo) nel verificare che questi docenti fuori dal mondo restano ancora pervicacemente abbarbicati a quel testo ormai logoro detto Costituzione Italiana!

Per tacere di quell’inutile e non remunerativo orpello detto Cultura (pardon: cultura). E pensare che già dagli anni ottanta le sue televisioni e a rimorchio anche la Rai, hanno cominciato a preoccuparsi dei bambini-ragazzi fornendo loro, appena svegli e prima che vadano ad indottrinarsi a scuola, un ampio ventaglio di proposte educative veicolate da cartoni animati e film ben farciti di consigli pubblicitari (è riduttivo dire che i bambini di oggi saranno i clienti di domani: lo sono già adesso!) Se poi entrano in classe con gli occhi gonfi , magari anche scocciati per aver dovuto interrompere il divertimento, dunque con comprensibile scarsa voglia di mettersi al banco, amen. (Anzi, meglio!)

Concludo con un appello alla categoria: smettiamola di considerare la scuola un laboratorio di sviluppo di persone e cittadini critici e consapevoli, è una battaglia di retroguardia e ormai persa: la televisione, i media , i comportamenti esibiti al pubblico, la degenerazione del linguaggio, lo strillo del politico, i grandi fratelli, … hanno dalla loro facili, e perciò seduttive, armi che rendono velleitario il nostro lavoro.

G. Pizzocolo Scuola Primaria

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